Calabrese/ortografia

Da Parracomumangi.

SCRIVERE IN CALABRESE

L'alfabeto usato è naturalmente quello italiano, con la necessaria aggiunta però della lettera J. Ecco elencate in ordine alfabetico le lettere per la scrittura del calabrese, con dei riferimenti dall'Alfabeto Fonetico Internazionale (AFI) o a dei file sonori quando necessario:

  • A, B, C, D, E, F, G, H, I, J, L, M, N, O, P, Q, R, S, T, U, V, Z

Tutte le lettere hanno genere femminile. Il nome è quello italiano, ma se la terminazione è in -e, può essere trasformata in -i (es. Effe o Effi). Il nome consigliato per J è Jota, nome usato in passato anche in italiano, poiché ne contiene il suono. C'è anche un altro motivo più appassionante: questo è il nome usato per questa lettera in latino (cioè jod) ma l'origine è nell'alfabeto fenicio, il più antico alfabeto fonetico al mondo. In fenicio la parola yōdh significava "braccio" e fu adattata a nome mnemonico della lettera[1]. Un altro nome, può essere "i longa" (dal nome italiano "i lunga"); sconsigliato invece il nome inglese jey, perché indica un suono completamente diverso. Singolarmente hanno quasi tutte lo stesso suono che hanno in italiano. Vediamo però le differenze.

H (acca)

Vedi in basso nella sezione che tratta i suoni aspirati.

J (jota)

Suono simile a quello della I. Per ottenerlo, si pronuncino le parole noIa, Iacopo, Jonio facendo uscire un po' d'aria in più nella pronuncia di I o J. È una consonante, ciò significa che non può essere accentata, inoltre, fa sillaba con la necessaria vocale successiva (che può essere anche una i, vedi esempi). Non è una semplice I breve (come ad esempio in esperanto o polacco), e quindi non può essere sostituita alla I nei dittonghi quando quest'ultima non è accentata. Esempi: jiri (andare), jocu (gioco), juntari (saltare), ajjeri (ieri, in questo caso il suono è prolungato).

S (essi, o esse)

È pronunciata in genere sorda, quasi mai sonora (come nell'italiano parlato dai calabresi) eccetto quando è di fronte ad alcune consonanti:

  • smània = smania
  • sdossàri = disossare
  • sbindignari = mandare in rovina

Z (zeta)

Come in italiano ha il suono di Z dolce o dura, ad inizio di parola si scrive singola anche se è sempre raddoppiata nella pronuncia (spesso anche in italiano), per estetica e comodità.

Gruppi di lettere

Per completare quanto le singole lettere non possono rappresentare, sono usati dei gruppi di due o tre lettere (digrammi e trigrammi), lette come una sola. Usiamo i digrammi dell'italiano, chiariti da parole o frasi anch'esse in comune con l'italiano per molte varianti del calabrese, ma sono necessari però ulteriori gruppi, solo calabresi. I gruppi comuni con l'italiano sono i seguenti:

  • CH-(e,i), il suono duro di C, come in "manchi";
  • GH-(e,i), il suono duro di G, come in "tu paghi";
  • GL-(i), come in "voglia" (forse un prestito italiano o una delle rare parole con questo suono, ha quasi sostituito l'equivalente - oppure sinonimo se non si trattasse di prestito - vogghja); suono presente in rare parole calabresi, prestiti italiani, e ovviamente in nomi e cognomi;
  • GN-(a,e,i,o,u), come in "cicogna";
  • CQ(-u), il suono in "acqua";
  • SC-(e,i), come in "coscia";

Nota per sc-(e/i): in rarissime parole è presente una forma di questo suono più dolce di quella italiana. Personalmente preferisco non scrivere la differenza appunto per la rarità del suono. Infatti mi vengono in mente solo le parole vràsciu (bracio) e vrusciàri (bruciare) con la sua coniugazione. Se si volesse fare una differenza anche nella scrittura, suggerirei il digramma sh (non è proprio il caso di scrivere sci-ssci).

Ascolta gli esempi:

Per i suoni assenti in italiano abbiamo i seguenti gruppi, chiariti da parole del dialetto e, dove possibile, da riferimenti ad altre lingue.


Suoni palatizzati

CHJ (C dura palatizzata*)

Descrizione: la pronuncia di CHJ è come CH ma palatizzato, è presente nella lingua ceca, dove è indicato con TI. Viene raddoppiato come CCHJ.

Produzione del suono: al contrario che in CH - C dura italiani, la lingua poggia sul palato anche con la parte centrale (palatizzato).

Esempi:

  • acchjappari = acchiappare, catturare - (se riflessivo: litigare)
  • chjanu = piano
  • chjinu = pieno
  • chjantari = piantare

Ascolta gli esempi:

GHJ (G dura palatizzata*)

Descrizione: simile al suono duro di G e GH italiani ma palatizzato (equivalente di CHJ, ma per G). Viene raddoppiato come GGHJ. La sua pronuncia è quasi esclusivamente raddoppiata, ma quando il suono si presenta all'inizio di parola, si scrive singola indifferentemente dalla pronuncia.

Produzione del suono: al contrario che in GH - G dura italiani, la lingua poggia sul palato anche con la parte centrale (palatizzato).

Tema presente in italiano: In genere in italiano al suo posto è presente il tema "GLI".

Esempi:

  • agghju = aglio
  • figghju = figlio
  • unghja = unghia
  • gghjòmbaru = gomitolo

Ascolta gli esempi:

Variante
Per risparmiare una lettera, si potrebbe evitare H nei due precedenti gruppi, scrivendo: "cj - ccj" e "gj - ggj" al posto di "chj - cchj-" e "ghj - gghj-". Questo eviterebbe una lettera e rende più comoda la scrittura, ma chi legge tende a confondere la J con una I; inoltre è meno simile all'italiano, e quindi meno accettabile a prima vista.


Suoni aspirati

Abbiamo in totale tre suoni aspirati (compresa la già presentata H). Essi sono rappresentati sempre con una H seguita eventualmente da un'altra consonante che più si avvicina al suono prodotto (si può immaginare un'aspirazione "sporcata" dal suono dell'eventuale consonante che la segue):

  • H, HG, HJ

H (acca, aspirazione semplice)

Rappresenta l'aspirazione semplice, la stessa di quella inglese in "I Have a House" (anche se gli italiani tendiamo a non farla sentire). Questo suono è usato (se non altrove) in alcune zone del catanzarese, dove gran parte delle F sono pronunciate come H aspirate. Classico esempio: "Facciamo il caffè" si dice da quelle parti "Hacimu u cahé" invece che "Facimu u café".

Ascolta gli esempi:

Per le voci del verbo avere che in italiano richiedono la H per non essere confuse con altre parole, nella scrittura del dialetto sono sostituite con un accento (come in italiano il verbo essere. Per le motivazioni e maggiori dettagli, vedi la nota a fondo pagina).

HG (G dura aspirata)

Descrizione: suono presente in poche parole, pronunciato come in tedesco CH di Boch.

Produzione del suono: si tiene la lingua come nella G dura di Gatto e, senza articolare la lingua, si fa uscire l'aria con la forza necessaria a produrre un suono aspirato, a cui segue la vocale. Non è mai raddoppiato.

Esempi:

  • Arrahgatu = stanco
  • Rahgari = trascinare; (io rahgu, tu rahgi ... )
  • Zahgaliari = piovigginare
  • Hgaccia = ascia
  • Hgahgu = cachi (frutto)

Ascolta gli esempi:

Note sull'ortografia: forse il più brutto tra i digrammi, ma la sua scelta è obbligata (sia G che H sono già stati usati in tutte le combinazioni). In fondo è un suono piuttosto raro, e lo contengono meno di 20 parole. Dopo averlo visto già un po' di volte, ci si dovrebbe abituare (è una soluzione grafica come un'altra).

HJ (J aspirata)

Descrizione: suono simile a quello di J ma aspirato, come nel tedesco CH di ich. Nell'AFI viene rappresentata dal simbolo [ç], e viene definita fricativa palatale sorda. Esso è presente nella lingua greca, per cui sembra proprio essere un residuo di tale lingua in Calabria.

Produzione del suono: si ottiene tenendo la lingua nella stessa posizione di quando si pronuncia una J, e si fa uscire l'aria con la forza necessaria a far sentire il suono, subito seguito necessariamente da una vocale. Non è mai raddoppiato. Nei corrispettivi italiani compare in genere il tema FI+VOCALE, e questo vale anche in alcuni dialetti.

Esempi:

  • Hjuri = fiore
  • Hjancu = fianco
  • Rihjatina = fiatone

Ascolta gli esempi:

Caduta della doppia L

DJ

Alcune zone (sicuro nel vibonese, a Rombiolo) usano il suono di J francese. Per non confondere tale suono con il suono assegnato alla J in precedenza, si può scegliere di scrivere il suono di "J francese" come dittongo DJ.

Esempi:

  • Dja = lì, là
  • Gadjina = gallina
  • Padedja = padella
  • Idju/Idja = egli, lui / ella, lei

Tema presente in italiano: LL (doppia L), che quindi in Calabria è molto più rara che in italiano.

La doppia L è stata sostituita da diversi suoni a seconda delle zone. Nei seguenti suoni, se non tutte sono riassunti i principali, usando come esempio la parola gallina:

NOTA: Nei gruppi di consonanti che terminano in J (quasi tutti quelli non tipici dell'italiano), dove più lettere valgono come una sola, non rappresentando J una vocale, questa dovrà essere seguita dalla I se ce ne fosse bisogno (una sillaba deve contenere una vocale e J non è usata come tale). Per cui scriviamo chjinu e non chjnu, e nella formazione del plurale: bedja-bedji, agghju-agghji e non bedj, agghj.


Altro

TR

TR in alcune zone è pronunciato in modi particolari, differenti dall'italiano. Si può continuare a scrivere TR, facendo notare al lettore la pronuncia usata nella zona di chi scrive, se possibile usando simboli l'AFI.


H davanti le voci del verbo aviri?

Nessuna voce del verbo aviri (avere) è pronunciata con un'aspirazione iniziale, ciò implica per coerenza che nessuna voce del verbo aviri sia scritta con H iniziale (e questo dovrebbe valere indifferentemente se nella propria zona si usa o no l'H). Ma perché in italiano si usa una H muta davanti alcune voci del verbo avere? La H davanti alcune voci del verbo avere in italiano deriva da motivi pratici più che fonetici. In italiano infatti, alcune parole molto usate, addirittura congiunzioni e preposizioni, si confondono coi verbi ausiliari come avere o essere o verbi molto usati:

  • "ho" si confonde con "o" congiunzione
  • "hai" si confonde con la preposizione articolata "ai"
  • "hanno" si confonde con il nome "anno"
  • "è" si confonde con "e" congiunzione
  • "dà" (verbo dare) si confonde con la preposizione "da"

Come si vede, per non confondersi nella scrittura si usano gli accenti sui verbi, fatta eccezione per il verbo avere, per il quale si usa stranamente una H. Il motivo di questa differenza è da ricercarsi nel latino, il quale aveva una H davanti alle voci del verbo avere, e questa veniva pronunciata. Quindi, anche in italiano la H si è mantenuta – sebbene non pronunciata – in quelle voci del verbo avere che potevano confondersi con altre parole.

Molti, non solo calabresi, "copiano" questa regola dell'italiano anche nel proprio dialetto, scrivendo la H muta davanti alcune voci del presente del verbo avere senza essersi chiesti il motivo per cui in italiano esiste, e perché alcuni poeti medioevali che scrivevano in volgare (anche dialetti meridionali estremi, come siciliano o calabrese) abbiano usato la H (in passato, o si voleva ricordare il latino, o effettivamente la H veniva pronunciata).

Quindi, dal momento che in calabrese l'aspirazione davanti al verbo avere si è persa esattamente come in italiano, non c'è motivo per cui scriverla, anche perché le parole che possono creare confusione sono ancora meno che in italiano, e perché oggi la somiglianza col latino non conta tanto quanto in passato. In tali casi, avendo usato la H per indicare l'aspirazione, non resta altra soluzione che usare l'accento:

  • avi (ha) si potrebbe confondere solo con il prestito italiano della parola italiana "avo" al plurale (avi) per cui si potrebbe scrivere àvi
  • annu (hanno) si potrebbe confondere con la parola (anno) per cui si dovrebbe scrivere ànnu

Ne risulta che il presente del verbo avere (senza pronomi) sarà: aiu, ai, àvi, avimu, aviti, ànnu

In questo modo si rispettano le regole:

  1. usare sempre l'accento per togliere l'ambiguità nello scritto
  2. usare la lettera H per indicare aspirazione, e quindi pronunciarla sempre (ovviamente se serve per scrivere la propria parlata)


BUONA SCRITTURA E LETTURA A TUTTI!

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Note

  1. Così come le altre lettere: da alef, bue, è derivata la lettera A (in greco alfa); basta capovolgere la A per vedere una testa di bue stilizzata